Cultura generale

Rivoluzione? Una parola.

Fare la rivoluzione? Già, lo sentiamo dire spesso. In verità penso che noi italiani abbiamo un grandissimo difetto: non facciamo caso al significato delle parole.

Eppure, molto spesso sono proprio le parole a fregarci. Esse non sono solamente dei suoni convenzionali emessi in tono modulato. In realtà sono un codice, che sfruttando le frequenze va a influire sui nostri comportamenti più profondi. Non far caso al significato delle parole significa esporsi alle fregature, non comprendere bene ciò che sta accadendo e ciò che facciamo.

Prendiamo la parola rivoluzione, ad esempio. Quando la pronunciamo, la prima cosa che ci viene in mente è la presa della Bastiglia. Gente arrabbiata armata di tutto punto, che corre verso la prigione parigina mettendo tutto a ferro e fuoco. Quella è l’immagine della rivoluzione per antonomasia: rabbia, spari, urla, sangue e l’avvio di una guerra civile.
È un’immagine talmente estrema da costringerci ad esorcizzarla per il ribrezzo che ad alcuni provoca, mentre ad altri, paradossalmente induce esaltazione e voglia di fare piazza pulita violentemente. In un’era di decadenza come quella che stiamo vivendo, accade spesso. Ciò è un male perché

entrambe quelle sensazioni ti portano a desistere, a deprimerti, come se il cambiamento non fosse possibile.

Al massimo lo era possibile un tempo, perché un tempo si era sempre più e meglio di ciò che siamo adesso, chissà perché.

Ma la rivoluzione non comincia sulle barricate. La rivoluzione comincia dentro ciascuno di noi, dando avvio ad un processo di radicale trasformazione, stravolgimento, sovvertimento, rivolgimento, sconvolgimento di ciò che in filosofia si definisce con una sola parola: paradigma.

Fabio Pozzerle

Previous Post Next Post

You Might Also Like

Commenti